
La vera ragione degli aumenti per le spese energetiche non hanno nulla a che fare con i costi di produzione. I veri problemi sono racchiusi nel SMP e in un sistema di calcolo da rivedere.
Oramai tutti noi abbiamo acquisito la notizia dell’enorme aumento delle spese energetiche per famiglie e imprese che il 2022 ci porterà in dote. Aumenti di una certa entità ci aspettano nei prossimi mesi, dove sardi e italiani dovranno fare i conti con spese imprescindibili che insisteranno sempre più sui nostri redditi.
Come al solito, la politica del terzo millennio, invece di andare all’origine del problema al fine di risolverlo, usa la questione come casus belli per portare avanti le proprie battaglie ideologiche in materia energetica. Chi rievoca il nucleare, come se fosse un rimedio applicabile dall’oggi al domani, chi se la prende con una transazione ecologica troppo accelerata. In effetti il passaggio ad un sistema di produzione energetica moderno e sostenibile sta banalmente diventando una moda, una posizione chic, una chimera da raggiungere prima possibile, noncuranti delle conseguenze, non tutte positive, che ogni rivoluzione fisiologicamente comporta. A tal proposito, sarebbe meglio accelerare sull’infrastrutturazione, e nel contempo rallentare sullo swich off del fossile, mentre pare che si stia facendo esattamente il contrario. La riduzione delle agevolazioni, i costi ancora elevati degli accumulatori di energia e altri fattori di un certo impatto hanno ridotto la corsa alle infrastrutture, e nel mentre si fa la gara a chi riduce di più i tempi per la rinuncia totale alle fonti energetiche fossili.
Considerazioni che però in ogni caso ci allontanano dal problema. Anzi, per essere più precisi, dalle cause del problema. Che hanno un nome che la politica che ascoltiamo in TV non ha mai citato. E conseguentemente pochi conoscono. Parlo del “system marginal price”, denominato anche SMP. Chi ne ha sentito parlare?
Trattasi in parole povere di un sistema complessivo di determinazione del prezzo di vendita dell’energia all’ingrosso non ancorato agli effettivi costi di produzione dell’energia, come sarebbe ovvio, bensì al prezzo di approvvigionamento di una sola materia prima tra le tante che si utilizzano per produrre energia. È un sistema che tende a creare equilibrio tra domanda e offerta, pagando ai produttori – in presenza di una certa domanda – un prezzo pari all’offerta più costosa tra quelle accettate per soddisfare tale domanda.
Posto che siamo dipendenti dalla Russia, da cui arriva il 40% del fabbisogno totale attuale di gas, e il governo di Putin furbamente sta riducendo le forniture della materia prima, di modo da far aumentare il prezzo di mercato, il corrispettivo per l’acquisto di energia aumenta sia per l’energia prodotta dal gas, sia per quella prodotta da altre fonti energetiche, nonostante il prezzo di approvvigionamento di queste ultime stabilmente più basso. Per farla breve, il prezzo alto del gas fa salire anche l’esborso per l’energia prodotta dal fotovoltaico e dal vento e da altre fonti. In maniera insensata, perché per solare e vento i prezzi di produzione non sono saliti.
In termini percentuali significa che i costi più alti per materie prime usate per il 35/40% della produzione complessiva di energia (tale è infatti l’incidenza del gas naturale su totale della creazione di energia in Italia) fanno aumentare in maniera ingiustificata il prezzo finale della restante 60/65% della produzione che invece non ha subito costi più alti.
Significa che chi produce energia da fonti diverse dal gas vende l’energia ad un corrispettivo altissimo rispetto ai costi di produzione, garantendosi guadagni stratosferici derivanti dall’aumento annuo del 400% del costo di approvvigionamento del gas. Come si può facilmente intuire il problema è principalmente il SMP, ossia il sistema di calcolo del prezzo, e non la produzione.
Quale il rimedio nel breve periodo? Il metodo Robin Hood, probabilmente. Ci ha provato la Spagna a guida socialista, stabilendo per sei mesi una tassazione sugli extraguadagni delle società produttrici di energia. Oltre a ridurre le tasse statali che gravano sulle bollette, e prevedendo una quota parte di energia da vendere a prezzo calmierato.
Provvedimento troppo di sinistra? Non proprio. Misura analoga era la Robin Hood tax proposta da Giulio Tremonti nel 2008. Ossia un’addizionale di alcuni punti percentuali sull’Ires pagata all’Erario dalle grandi società produttrici. E – cosa assai importante – il divieto di scaricare sui fruitori il minor gettito derivante da quest’aggravio di tassazione.
Come si evince, il problema non è quale fonte energetica si usa, ne le velocità disequilibrate della transazione ecologica. Bensì un sistema distorto che ancora il prezzo di tutta l’energia prodotta al costo della fonte più cara e non a quello effettivo di produzione.
L’intervento alla Robin Hood può essere la soluzione, ma ha il bisogno imprescindibile di essere affinato, necessariamente. Il provvedimento spagnolo è stato infatti ritirato dopo poco tempo a causa delle pressioni dei produttori di energia, quello italiano nel 2015 fu cassato dalla Corte Costituzionale. Inoltre, da uno studio del Codacons, nonostante il divieto espresso della normativa, il maggior peso fiscale dell’addizionale Ires prevista da Tremonti fu effettivamente scaricata in un modo o nell’altro sul consumatore finale. Con l’aggravante che, a seguito della sua abolizione decisa dalla Consulta, tali meccanismi di iniqua ricaduta dei costi tributari sulle tasche dei cittadini non sono cessati.
Occorre quindi cautela! Ma è preferibile agire conoscendo le origini del problema, piuttosto che andare a valutare durante l’emergenza l’incidenza delle singole fonti, cercando soluzioni che andrebbero a regime tra parecchi anni, decontestualizzandole così dall’attuale situazione.
È importante anche per la Sardegna, visto che il Governo Draghi sta per approvare un documento, detto in gergo tecnico Pitesai, che imprimerà una sostanziale accelerazione sulle trivellazioni alla ricerca di fonti fossili, ora nuovamente convenienti alla luce degli aumenti a tre cifre percentuali nel mercato globale! Ocros abbertos, duncas….
Roberto Mette



