Aumento del limite sul contante: un errore, sì! Ma non troppo…

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Visto il periodo particolare, dove il livore di chi ha perso le recenti elezioni statali si manifesta con continue prese di posizione ideologiche verso un governo che appena ieri ha ottenuto la fiducia definitiva dal Parlamento, e quindi non dovrebbe essere attaccato finchè non operativo, specifico fin dall’inizio la mia totale contrarietà al paventato aumento del limite sui pagamenti in contanti. Ne mi piace questa incredibile fretta nel proporlo, che anticipa provvedimenti molto più urgenti tipo quello sul caro energia. Innalzare il limite a 10.000 euro crea e offre un massaggio subliminale pericoloso a chi fa dell’evasione fiscale il suo stile di vita. Il limite a 1.000 euro o 2.000 euro è troppo basso, certo, io lo avrei stabilizzato sui 3.000 o 4.000 euro, ma non di più. Tantomeno portandolo a 10.000 euro!

Allo stesso momento però non me la sento di prendere una posizione ideologica sul provvedimento. Ovviamente non mi siedo dalla parte di chi esulta perché vede nel limite all’uso del contante una dittatura finanziaria, un’oppressione del sistema a favore delle cattivissime banche (che in realtà proprio benefattrici non sono!). Ne però mi metto a fianco di chi sbraita e si lamenta in maniera pretestuosa rispetto alla proposta in questione, facendone semplicemente una questione di principio!

Sono contrario ad un provvedimento così netto, lo ripeto e lo ripeterò all’infinito, ma non ci vedo nulla dei disastri prospettati pretestuosamente da chi ha perso le elezioni e non lo accetta. E argomenterò il perché!

Per chi studia economia il concetto basilare di tutto il percorso di studi è “più i soldi girano velocemente, più si crea ricchezza”. Accantoniamo per adesso questo assioma, ci torneremo in seguito. Analizziamo ora il problema, l’enorme evasione fiscale che si manifesta in Italia. Essa in realtà è stata notevolmente ridotta dal meccanismo della fatturazione elettronica in vigore da qualche anno, che impedisce di speculare sul cartaceo: mai più fatture strategiche fatte a marzo dell’anno x+1 con data 31/12/x, non più fatture emesse e poi stracciate, non più modifiche successive per ottenere vantaggi illegali. Rendendo elettronica l’emissione, praticamente si crea un viaggio senza ritorno del documento fiscale che agevola fortemente l’Erario. Che oltretutto ha tali documenti che gli passano immediatamente sotto i suoi occhi. Infatti, chi opera nel settore tributario si è accorto del notevole aumento degli utili dichiarati dalle aziende negli ultimi anni. Segno evidente di una possibilità di evadere ridotta fortemente dalla riforma.

Alcuni di quelli che sbraitano oggi contro il governo, probabilmente non sono a conoscenza di questa bella novità, ma i più svegli si sono accorti del fatto che – nonostante i tanti problemi che stiamo subendo in serie, pandemia, guerra, speculazioni sulle fonti energetiche, monopolio delle materie prime – il gettito fiscale è stato superiore al previsto, tanto che alcuni magnificano il governo Draghi senza che esso abbia fatto nulla di sostanziale per vedersi attribuiti i meriti di tale ottimo risultato.

Nonostante tutto ciò, lasciamo pure da parte l’ottimismo e continuiamo a vedere come enorme il mostro chiamato evasione fiscale. Ma è importante specificare che pur aumentando l’uso del contante, riguardo la deducibilità dei costi da parte degli imprenditori – i maggiori indiziati da sempre per tale evasione abnorme

– l’onere della prova dell’effettiva veridicità del costo dedotto ricade sempre su di essi. E non sull’Erario, come tanti credono. In altre parole, possiamo aumentare l’uso del contante e renderlo illimitato, ma la dimostrazione che un costo dedotto è reale spetta sempre a chi lo certifica. Quindi in caso di controllo, una fattura di 9.900 euro pagata in contanti potrebbe essere contestata dagli organi di controllo anche se di valore inferiore al proposto maggior limite per il contante, e nel caso dovrebbe essere l’impresa a dover dimostrare la sua autenticità. Cosa ovviamente quasi impossibile poiché non in possesso di una reale tracciabilità. Quindi a riguardo nulla cambia, se non in positivo per l’Erario. Perché se prima i controlli erano molto sporadici, con la fatturazione elettronica, in un futuro vicino, queste spese “improbabili” potrebbero essere scovate in automatico mediante algoritmi efficacissimi.

 

L’evasione può essere poi contrastata anche con altri strumenti. Penso però che essa si debba cercare, scovare e contrastare al momento in cui si manifesta. Al momento dell’obbligo di emissione del documento fiscale – scontrini, ricevute e fatture – e al momento della determinazione della base imponibile, ossia alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Quindi controlli agli esercenti, e verifiche incrociate sui dati indicati in dichiarazione. Che possono essere contestate nei successivi cinque anni rispetto al termine di presentazione. Poco? Nessun problema, si può estendere il termine anche a 7/8 anni. Giusto per dimostrare buona volontà nella risoluzione dell’annoso problema. Ma non solo. Io proporrei addirittura che i meccanismi presuntivi di controllo del volume d’affari – studi di settore, ora ISA, applicati al momento dell’elaborazione delle dichiarazioni – da presunzioni semplici tornino ad essere vincolanti nei loro risultati, obbligando il contribuente ad adeguarsi alle loro risultanze o a sostenere in alternativa un contradditorio con l’Agenzia delle Entrate! Lo sottolineo, non sono contrario ad un inasprimento di questi strumenti.

Purchè però passi un concetto che reputo fondamentale: cerchiamo in tutti i modi l’evasione quando si manifesta, diventando ancora più tassativi e perentori nei controlli, ma se da tale filtro sfugge una parte dell’evasione, non impediamo il suo ritorno in circolo. Perché immettendo nel sistema i proventi dell’evasione si riesce a mitigarne parzialmente gli effetti. Perché chi spende guadagni non tassati cagiona redditività a chi riceve tali proventi, che genereranno nuove tasse a favore dell’Erario. Il sistema è noto, tanto che tutti gli analisti parlano di incidenza dell’evasione mitigata da una sua successiva spendita.

E quindi appunto torniamo al concetto iniziale! Più i soldi circolano e più creano ricchezza. Se metto dei limiti troppo stringenti al contante, appunto per contrastare l’evasione, impedisco questa reimmissione nel sistema dei denari illecitamente sottratti all’Erario. E quindi mancato recupero delle nuove tasse derivanti dai redditi scaturenti. Ossia, come detto, minore circolazione di denaro, minore ricchezza.

Concetti difficili per i profani, e spesso rifiutati per impuntature ideologiche. Ma che, purtroppo per chi non vuol sentir ragioni, rappresentano invece situazioni effettive, autentiche e come tali riconosciute dagli esperti di economia. Un limite troppo stringente all’uso del contante limita questo recupero, contrasta la circolazione del denaro, conseguentemente riduce l’effetto moltiplicativo sulla ricchezza generale.

Ciò significa che dobbiamo lasciar fare agli evasori? No, assolutamente. Significa che dobbiamo perseguire l’evasione al momento in cui si crea, mediante strumenti più feroci, sanzioni maggiori, e controlli anche più estesi nel tempo. Dobbiamo quindi usare un setaccio molto più efficace all’origine. Dopo di che, se una parte di evasione non viene intercettata, occorre prenderne atto, e seppur a malincuore, fare in modo che essa venga immediatamente immessa nel sistema per creare nuova redditività, circolazione di denaro più veloce, ricchezza maggiore. Limitare troppo l’uso del contante va nella direzione opposta. I favorevoli pensano che migliori la situazione, invece la peggiora. La migliora invece un miglior controllo a monte, con gli strumenti proposti e altri che potrebbero essere inventati o inaspriti.

In definitiva, se vogliamo contrastare efficacemente l’evasione fiscale, aumentiamo i controlli, utilizziamo con valore di prova inconfutabile i controlli presuntivi, diamo più tempo a chi controlla di appurare. Una volta fatto ciò, se qualche residuo di evasione supera fortunosamente tale fuoco di fila, facciamo in modo che esso non vada verso le banche dei paradisi fiscali, ma rendiamo agevole la spendita e la conseguente immissione nel sistema. Prevedendo un limite all’uso del contante che non sia troppo basso! Inutile rincorrere i buoi quando sono già scappati dal recinto, sfiancandosi per mere questioni di principio; occorre invece rafforzare prima le chiusure dei varchi nel recinto!

Ripeto, può non piacere il ragionamento, ma le leve del sistema capitalistico sono molto più complesse di quanto il cittadino medio possa ipotizzare. O contestiamo l’intero sistema, e potrei essere anche d’accordo, oppure se lo accettiamo, dobbiamo rassegnarci al fatto che spesso le cose non sono intuitive e immediate come si pensa! E che occorre riflettere bene su cosa fare, senza farsi coinvolgere dall’ideologia o dalle posizioni pretestuose. Anche perché quando la ricchezza complessiva cala, a pagarne le conseguenze sono sempre gli stessi: i poveri e i più deboli in genere!

Roberto Mette


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