Il 2023 ha visto un clamoroso sviluppo nella disordinata galassia dell’indipendentismo sardo. Dopo anni di auto marginalizzazione, di isolamento politico stile “puri & duri”, che si accompagnava a valanghe di insulti verso chi abbozzava ammiccamenti con l’italianismo, in questi ultimi mesi un buon numero di sigle sardiste, autonomiste e indipendentiste ha clamorosamente virato il timone verso la sinistra italiana, nella quale la fa da padrone il partito italiano più centralista in assoluto al pari di Fratelli d’Italia, ossia il camaleontico PD. O sarebbe meglio dire schizofrenico, visto che i suoi avi nel 2001 misero in costituzione l’Autonomia differenziata, fino al 2018 uno dei suoi leader, Bonaccini, la richiedeva ad alta voce per l’Emilia Romagna, e oggi invece scendono in piazza affinché non venga applicata.
Tornando agli indipendentisti sardi, c’è chi ora, di fronte a questo travaso verso la sinistra, si strappa le vesti. Sinceramente non ne capisco il motivo! Perché amareggiarsi? Quale valore aggiunto abbiamo avuto negli ultimi decenni da questi movimenti indipendentisti? Quali proposte? Quali risultati le poche volte che sono comparsi nella stanza dei bottoni? Nudda! Nudda de nudda.
Davvero si poteva sperare di cavare un ragno dal buco con questi esponenti politici? Gente incapace di fare gruppo, inabile nel creare unione, generare entusiasmo, spargere empatia, e nel dimostrare capacità da leader. Nonostante spesso si elevassero con autonomina a guru, a padroni del vapore. Ma purtroppo per loro, ciò non basta per diventare autorevoli capopopolo.
Tutti invece campioni a disunirsi, a disgregarsi, a trovare peli nell’uovo, a creare casus belli. Mai nessun passo verso un minimo strumento di unione. Ma dirò di più: del tutto incapaci di stabilire rapporti minimi con altri indipendentisti, neanche sui social. Gelosie infantili infatti impediscono a questi grandi statisti di concedere un semplice like a post a tema indipendentista di altri. Visti non come compagni di viaggio importanti, ma al contrario come pericolosi avversari nella lotta per la leadership del movimento indipendentista.
Dunque un manipolo di spocchiosi, insicuri, solitari, ricercatori ossessivi di visibilità personale, di onori per sè, che ogni cinque anni cercano un’unione elettorale con chi ha sistematicamente ignorato, e spesso ostacolato, fino ad allora. Si crea una fusione a freddo, spesso accompagnata da malcelate frizioni interne, non si crea un prodotto politico interessante, si prende l’imbarcata alle urne, si va conseguentemente alla resa dei conti, si sfascia il giocattolo e tutto torna come prima.
Tale sistematico comportamento dovrebbe dunque portare vantaggi al nazionalismo sardo e quindi alla nazione sarda? Certo che no. Al contrario, fa danno, perché instilla nel cittadino medio sfiducia verso tutti gli indipendentisti, e ancora peggio, crea pericolose patenti mediatiche “da sfigati”, che allontanato i votanti, specie le nuove generazioni! Che grandi risultati: inaffidabilità, individualismo, folklore!
Ora che quindi questi movimenti si stanno schiantando nell’accozzaglia che la sinistra italiana sta formando in Sardegna non per governare, ma per…“contrastare le destre”, bisogna essere felici e non dispiaciuti. Perché siamo arrivati ad un punto cruciale del percorso verso l’indipendenza. Ossia quello di eliminare tutti i rapporti tossici con questi personaggi, di modo da sostituirli con elementi di maggior valenza, con più idee, linee di guida più chiare e definite, potenziali politici di alto livello. Aria fresca dunque!
Bisogna però nel contempo rivedere alcuni concetti fondamentali. Innanzitutto cosa significa indipendentismo oggi? Significa isolazionismo? Significa separatismo? Ovviamente no. Dobbiamo diventare uno stato federato con tutti gli altri popoli europei. Non dobbiamo cadere nell’errore mortale di opporci allo stato – di visione ottocentesca – italiano, per crearci noi stessi uno stato sardo di visione ottocentesca. Che senso avrebbe? Proporre per la Sardegna una struttura statuale che altrove sta iniziando a denotare obsolescenza e senescenza!
Il futuro sono i grandi stati federali. Se gli Usa la smettono di seminare germi di guerra nel Vecchio Continente, si può pensare ad un’accelerazione verso gli Stati Uniti d’Europa, superando le attuali singole entità statali per risolvere in un sol colpo le spinose questioni di catalani, baschi, irlandesi, scozzesi, corsi e anche sardi.
Un’entità statale moderna per ogni popolo europeo, federata con le altre. In un unico stato che garantisce una sola moneta, una sola politica finanziaria ed economica, un solo esercito e una lingua unica di superstrato. In un piano inferiore i singoli stati federati, l’autodeterminazione per ogni popolo, che coltiva le proprie peculiarità culturali e linguistiche.
Bisogna inoltre prendere atto e tenere conto delle caratteristiche peculiari del carattere del sardo. Che mediamente non ha nessuna intenzione di fare l’eroe per la propria patria. E nella storia nostra, purtroppo i traditori della patria sono stati in numero maggiore e più impattante degli sparuti Cuor di leone. Pur riconoscendo all’indipendenza della Sardegna una certa valenza, nella pratica quotidiana il sardo medio ha altre priorità. Inutile cercare di educare a uno a uno il singolo cittadino al valore assoluto dell’indipendenza. Bisogna cercare un’altra via! Magari andando a vedere le subdole armi che il nazionalismo italianista usa per imporsi, come ha fatto, nei territori dove sono presenti minoranze etniche e linguistiche.
Basta aver un minimo di conoscenza storica, e una buona capacità di osservazione. Il resto viene da sé!
Purtroppo questo grandi statisti dell’indipendentismo non sono stati capaci di fare neanche tale minimo sindacale. Festeggiamo dunque e non crucciamoci della loro diluizione nella sinistra centralista italica.
La lotta per l’indipendenza sarda non ha bisogno di santoni e tanto meno di sette! Lasciamoli pure andare alla deriva, nella strada verso il meritato anonimato. Aggrappati gelosamente alla loro scatola vuota che continueranno a chiamare partito politico indipendentista. Ma che in realtà serve solo a loro per avere ogni tanto la propria foto nel quotidiano locale. Alla faccia della Sardegna e dell’indipendenza…
Roberto Mette