L’enorme entusiasmo che accompagna la candidatura sarda di Sos Enatos a sede dell’Einstein Telescope è a dir poco infantile, nonché abbastanza sospettoso. Nonostante le tante fregature che la Sardegna ha sempre subito, quando si parlava di progetti grandiosi e irrinunciabili, ancora cadiamo stupidamente in questi atteggiamenti da bimbi dell’asilo. Il sospetto è che – come per l’insularità in costituzione – questa ubriacatura collettiva serva a tirare la volata alla politica locale in cerca di consenso.
Comportamento infantile dicevo, da provincialotti, aggiungo. Ogni progetto – a maggior ragione se durevole nel tempo e di altissimo impatto come questo – deve essere pazientemente valutato, si deve attivare una fase di contrattazione, anche al fine di massimalizzare i vantaggi per il territorio, e per scovare eventuali criticità, che solitamente in queste fasi vengono furbamente celate.
E infatti, il 21 aprile scorso, è stata pubblicata la legge 41 che stabilisce alcuni vincoli abbastanza pesanti per una ventina di comunità attorno a Sos Enatos. Viene messa in discussione l’attività estrattiva e di lavorazione del granito di Alà e Buddusò, la produzione di cemento a Siniscola, ad esempio. A dire il vero sono attività oggi contingentate da norme regionali, come il Piano Regionale delle attività estrattive, che però sono nel tempo facilmente emendabili e rivedibili al variare delle condizioni ambientali e macroeconomiche.
Ma addirittura la norma fresca di promulgazione parla di vincoli per strade e ferrovie. Non si potranno più costruire infrastrutture nel raggio di 25 chilometri da Lula? Le popolazioni dovranno quindi tornare alle caverne? Visto che a Nuoro si sta costituendo un comitato pro E.T. bisognerebbe chiedere ai nuoresi se hanno pensato che, in attesa di spiegazioni da Roma, i vincoli di cui alla legge 41 potrebbero fare tramontare definitivamente l’idea di un collegamento ferroviario con Olbia, per il quale lottano da qualche anno le genti di Barbagia e Baronia.
Altri dubbi – che dunque rendono tale entusiasmo deleterio e fuoriluogo – si hanno nel valutare le cifre strombazzate dai media: 36.000 posti di lavoro. In realtà si scopre dal sito dell’Istituto nazionale di fisica – in un passaggio peraltro sgrammaticato – che gli slot lavorativi previsti sono ben nove volte meno, 4.000, non
36.000. Che è invece il furbo risultato della moltiplicazione dei posti previsti per i nove anni di lavori. A che gioco stiamo giocando? Ma anche il numero di 4.000 potrebbe essere stato abilmente gonfiato per rendere più appetibile il tutto, facendo dimenticare i vincoli. Infatti il progetto olandese di Limburg, concorrente di Lula, indica solamente in 1.150 i posti di lavoro necessari per la costruzione del telescopio. Dove sta la verità? E ancora, visto che si sta costruendo una struttura scientifica, e non una stalla, quanti posti di lavoro andranno ai locali? È prevista opera di specializzazione che permetta ad aziende e maestranze sarde di avere la giusta precedenza? O dobbiamo accontentarci di qualche caffè preso nei bar di Lula dai lavoratori non del posto?
Tali aspetti sono fondamentali, prioritari oserei dire, alla luce dei vincoli che insisteranno per decenni, forse per sempre, sulle comunità viciniori. A tal proposito, la questione spinosa è questa: i vincoli si limiteranno a quanto indicato dalla recente legge 41 o potrebbero esserci interventi normativi simili che li accresceranno via via che ci si accorgerà di eventuali impedimenti alla ricerca scientifica? Ad oggi non possiamo saperlo, ne possiamo fidarci di eventuali rassicurazioni romane. Possiamo però andare a vedere cosa è successo per progetti simili.
A Cascina ad esempio, in provincia di Pisa, dove a cavallo tra questo e il secolo scorso è nato uno strumento di rilevazione di onde gravitazionali chiamato Virgo, con tecnologia meno sviluppata e di dimensioni molto più contenute rispetto all’Einstein Telescope.
Per limitare l’impatto delle attività umane sulle attività del telescopio, è stato adottato dalla provincia di Pisa un documento denominato “Limiti di compatibilità con il funzionamento dell’antenna interferometrica Virgo” in cui si legge che ci sono alcune sorgenti di rumore che devono essere preventivamente misurate prima di
essere permesse. Si parla ad esempio di “strade con grande traffico, ponti che vibrano al passaggio di automezzi, impianti di lavorazione”. E ancora di “esplosioni, perforazioni di pozzi, palificazioni, martelli pneumatici, passaggi di aerei o elicotteri, generatori eolici di energia elettrica”.
Vincoli pesanti, imposti fin dal primo anno di funzionamento della struttura. Nove anni dopo, a seguito di un legittimo intervento di politica gestionale del territorio da parte del Comune di Cascina, lo stesso direttore di Virgo, Federico Ferrini, il 10 settembre 2013, mette nero su bianco una valutazione vincolante sulle decisioni degli amministratori locali. In particolare si mette il veto sull’incremento della zona industriale e produttiva del paese, sulle attività estrattive previste in località Alessandrini e Nugolaio, su piccoli generatori eolici, e addirittura sui flussi di energia prodotti dagli impianti fotovoltaici. Il rumore dell’energia mentre passa nei cavi, disturba le rilevazioni scientifiche di Virgo.
Non bastasse ciò si evidenziano criticità pure sul progetto di un autodromo e incredibilmente anche su “aree destinate a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all’aperto”. Neanche un concerto in piazza si può organizzare a Cascina?
Ciò dimostra che, una volta partito il progetto, si potranno imporre ulteriori vincoli e limitazioni, molto più stringenti rispetto ai già pesanti vincoli espressi dalla legge 41/2023 – contestata dalla sola Confindustria locale, con la politica che invece colpevolmente minimizza – che i correttivi successivi in Parlamento non hanno per nulla mitigato. Il termine di risposta di 60 giorni per le risposte da parte di istituto di fisica e Ministero per l’università non verrà rispettato, come mai vengono rispettati i tempi dagli enti pubblici. E il fatto che non vengano chiuse le attività esistenti è davvero il minimo sindacale.
Chiedo dunque, non a tutti i sardi, solamente a quelli con abbastanza sale in zucca: c’è il tanto per passare da un SI incondizionato ad un “Si, ma a ben chiare e definite condizioni”?
Impariamo la sottile arte della contrattazione, senza evidenziare immotivati entusiasmi che facciano ridurre di molto la contropartita a favore del territorio e della popolazione che vi insiste. A poker, se ti si legge in viso l’entusiasmo per le carte che hai in mano, hai già perso!
Roberto Mette