“Autonomia differenziata come occasione e sfida”

Appeddu
Intervista ad Antonio Appeddu

Grande occasione o ennesima “bufala di Stato”? Pareri molto divergenti si stanno registrando anche nell’Isola, per il progetto di legge sulla cosiddetta “Autonomia differenziata”. Legge presentata dal ministro Calderoli, che dovrebbe presto essere discussa in parlamento.

Per chiarire (e chiarirci) un po’ le idee sul nuovo panorama legislativo, abbiamo sentito un amministratore e politico: Antonio Appeddu, 65 anni, ozierese, già direttore generale delle Province di Sassari e di Olbia.

Cosa pensa del progetto di legge sull’Autonomia differenziata?

Potrebbe essere un punto di svolta, ma bisogna capire bene il provvedimento nella sua reale applicazione. Se approvata, la legge rappresenterà una novità istituzionale, con riflessi che toccheranno anche la società sarda. Non sono contrario ad un cambiamento: se le cose dovessero rimanere come sono oggi, per la Sardegna prevedo solo un futuro desolante”.

Perché questo pessimismo?

Nella sua configurazione attuale, la legge avvantaggia solo le Regioni a statuto ordinario. Temo, invece, porterebbe meno benefici per quelle a statuto speciale, come la Sardegna”.

Non tutto è da buttare. A Cagliari, qualcuno si sta dando da fare: per esempio, con una mozione presentata in assemblea che chiede di parametrare i cosiddetti LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). Ma si riparla anche di costruire una fiscalità adeguata (tema “eterno” di dibattito), di realizzare una credibile continuità territoriale…

Tutte proposte che mi sembrano, a tratti, pleonastiche. Certo, chi le chiede fa bene, perché sono diritti che non ci sono ancora stati concessi. ..Detto ciò, la politica sarda dovrebbe alzare l’asticella della contrattazione con Roma, mettendo sul piatto della bilancia ben altre richieste..

Quali, nel concreto?

Trasferimento delle competenze sui programmi scolastici, equiparazione fra lingua italiana e lingua sarda nelle sue diverse varianti, rinegoziazione delle presenze militari, le prime e le più urgenti che mi vengono in mente. Mi pare invece che, di fronte al semplice apparire della nuova legge, la reazione dei politici sia stata la più banale: dire subito che è sbagliata, che va respinta

E invece?

Mi chiedo: davvero oggi, nel ventunesimo secolo, pensiamo sia normale non poter parlare la nostra lingua, esser obbligati ad usare solo quella italiana? O riteniamo sia quasi scontato che i nostri ragazzi ignorino a scuola la storia sarda? Tutto questo porta a una condizione di sudditanza, di gap culturale

Propone quindi uno scontro duro con Roma?

Parlo di confronto, non di scontro. Confronto pacato che potrebbe diventare scontro solo se da Roma si continuasse con la tiritera della “finta autonomia”, concessa dall’alto, com’è fino ad oggi. Proprio così: patti chiari ma testa dura. Altrimenti, ogni accordo sarà a danno dell’isola”.

 

Ernesto Massimetti


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